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Vulvodinia: quel dolore come spilli

Tanti non la conoscono, ma è una patologia sempre più frequente che colpisce secondo le stime attuali il 16% della popolazione femminile tra i 18 e i 64 anni. Stiamo parlando della vulvodinia, o più nello specifico di sindrome vulvovestibolare (SVV).


vulvodinia dolore
La vulvodinia può provocare un dolore urente

La vulvodinia è una patologia caratterizzata dalla sensazione di dolore cronico alla zona vulvare, spesso localizzato alla zona del vestibolo vulvare (introito vaginale).

Spesso alle sensazioni di dolore si accompagnano anche quelle di bruciore (come un tizzone ardente), di tensione e secchezza, sensazioni puntorie (come spilli), sensazione di microtaglietti e abrasioni, sensazione di gonfiore.


Pur essendo una patologia diffusa la sua diagnosi può essere tardiva (stimata in 4 anni e 8 mesi).


L’eziologia di questa patologia è ancora misconosciuta trattandosi di una sindrome complessa e multifattoriale. Generalmente viene scatenata da un evento traumatico o infiammatorio che porta ad una condizione di infiammazione della vulva o del vestibolo chiamata appunto vestibolite vulvare. Se la condizione non si risolve, può evolvere in una condizione di dolore cronico (vulvodinia), in cui la sensazione di dolore, bruciore e fastidio permane anche in assenza dello stimolo infiammatorio iniziale.


A questo punto si crea una sensazione di disestesia in cui anche stimoli non dolorosi provocano sensazioni dolorifiche, spesso a causa di un’iperattivazione del mastocita (mediatore proinfiammatorio), che produce quantità aumentate di mediatori dell’infiammazione tra cui citochine, sostanza P e altri mediatori, che causano edema, gonfiore e bruciore locale.

In questo circolo vizioso di iperattivazione del sistema infiammatorio, le sensazioni dolorose cominciano ad essere attivate non solo da stimoli dolorifici ma anche da normali sensazioni tattili, dando luogo ad una forma di dolore neuropatico.

La stessa sensazione di ipersensibilità è spesso provocata da una crescita spropositata di terminazioni nervose nel tessuto danneggiato (provocata a sua volta dal rilascio del nerve grow factor attivato dai mediatori dell’infiammazione).


Cosa provoca questa risposta infiammatoria esagerata?


I fattori scatenanti possono essere molteplici e ancora oggetto di studio. Spesso sono dovuti ad agenti infettivi come nel caso delle candidosivaginosi o infezioni da gardnerella, da Escherichia Coli (ma anche da herpes virus, clamidia ecc.), a fattori traumatici come le lacerazioni del parto e le episiotomie, esiti cicatriziali dovuti all’uso della diatermocoagulazione o del laser, possono essere correlati a secchezza vaginale e/o ipertono del pavimento pelvico a cui spesso conseguono microtraumi durante i rapporti sessuali, oppure essere correlati all’uso di estroprogestinici e disequilibri ormonali.


Spesso questo dolore si scatena durante i rapporti sessuali o durante l’inserimento di tamponi interni, alle visite ginecologiche, ma nei casi più gravi anche andare in bici (o in moto), indossare indumenti stretti oppure l’uso di assorbenti, o il semplice fare attività fisica (camminare, correre) possono diventare occasioni di sofferenza.


Importantissimo in questi casi è tenere un “diario” del dolore, in cui specificare la sensazione di dolore provata (solitamente si tratta di un dolore urente), l’intensità, se è stato o meno provocato (es. Tentativo di rapporto sessuale) oppure se è insorto spontaneamente, quanto è durato questo dolore (alcune donne si portano dietro questa sensazione di dolore anche per più giorni), in che fase mestruale si è presentata (nelle donne con VV la fase premestruale è quella più delicata).


Non è infrequente che la donna con VV accusi anche bruciori e dolori minzionali, in particolare dopo il rapporto, che spesso vengono associati a sintomi da cistite: spesso in questi casi ci troviamo di fronte ad una forma di cistite post-coitale abatterica (non causata da agenti patogeni).


Il ritardo diagnostico di questa patologia è dovuto, soprattutto in passato, ad una scarsa sensibilizzazione e poca conoscenza di questa sindrome, in particolare quando le problematiche riferite dalla donna venivano semplicemente etichettate come turbe psicotiche.


La localizzazione del dolore può essere diversa da donna a donna: in alcuni casi la sensazione algica è riferita al solo introito vaginale (vestibulodinia) o alla zona della forchetta, in altri casi questa sensazione è diffusa a tutta la zona della vulva (vulvodinia) e in alcuni casi specifici coinvolge anche il clitoride (clitoridodinia).


Al dolore si associa spesso un altro sintomo tipico di questa sindrome: un ipertono della muscolatura pelvica. Il corpo si trova in una costante reazione di difesa a cui risponde con una contrattura della muscolatura pelvi-perineale la quale non fa altro che alimentare il circolo vizioso e aumentare ulteriormente la sensazione di dolore. L’ischemia provocata dalla continua contrattura del muscolo elevatore dell’ano può, infatti, alimentare l’infiammazione e generare un dolore (mialgia) che si estende anche nella zona più mediale o interna della vagina amplificando così il disagio della donna.

Dolore più contrattura fanno sì che i rapporti sessuali penetrativi diventino difficili e dolorosi, talvolta impossibili, e proprio questi ultimi, in caso la situazione sia critica, non fanno altro che creare ulteriormente microlesioni che alimentano la patologia.

La diagnosi è semplice e viene posta attraverso lo Swab Test, cioè un test che prevede di toccare con la punta di un cotton fioc vari punti del vestibolo e della vulva: in caso di vulvodinia o vestibolodinia questi punti, anche al tocco leggero, provocano una netta sensazione di dolore.

Naturalmente prima di ciò è necessario fare una diagnosi differenziale ed escludere altre patologie ginecologiche e vulvari (come infezioni, malattie cutanee benigne come dermatiti, lichen sclerosus, esiti di traumi, lesioni pre-cancerose o tumorali).

Una volta escluse queste, e successivamente ad eventuali accertamenti, se il disturbo dura da almeno tre mesi può essere fatta diagnosi di vulvodinia.


Chi cura la vulvodinia?


Tante persone e professionisti: la VV è una patologia che deve essere presa in carico da più professionisti come il ginecologo, l’ostetrica, il fisioterapista, lo psicologo, il sessuologo ecc.

Questo perché il successo di guarigione coinvolge molti fattori, sia fisici che emotivi.


La cura di questa patologia coinvolge sia l’uso di farmaci ma anche, e soprattutto, la rieducazione e la riabilitazione del pavimento pelvico. La RPP può fare molto in questo senso e attraverso numerosi strumenti quali la TENS, il Biofeedback, tecniche di rimozione dei trigger e tender points, e non da ultimo tecniche di rilassamento e propriocezione.


Proprio in questa giornata, 11 novembre, è stata istituita la giornata per la sensibilizzazione della vulvodinia per opera dell'associazione italiana VulvodiniaPuntoInfo Onlus.


Ti chiedo di contribuire alla diffusione della conoscenza e alla sensibilizzazione di questa malattia condividendo, se hai piacere, questo articolo per non lasciare sole tante donne che ancora oggi soffrono in silenzio e si chiedono cosa ci sia di sbagliato in loro.



Ostetrica Arianna Viola



Per informazioni e appuntamenti sulla riabilitazione del pavimento pelvico puoi contattarmi personalmente (cell. 3493094759, mail ariannaviola.ostetrica@gmail.com)

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